Servizio Civile Universale

I miei primi mesi in Ecuador

Written by Francesca

Sono poco più di tre mesi che sto vivendo a Manta, una cittadina della costa dell’Ecuador che si affaccia sul Pacifico.
Sono atterrata a Quito con un’idea di questo paese legata a racconti altrui, immagini viste su internet e con una serie di aspettative nella mia mente.
Tutte quelle idee ogni giorno sono venute meno, fino ad imparare a conoscere realmente questo posto.
Qui qualsiasi pasto della giornata è buono per mangiare un po’ di riso con del platano, maduro o verde, fritto o lesso che sia.
Nei luoghi viaggi in bus, non sei tu a scendere a comprare qualcosa da mangiare ma sono loro a salire e offriti pan de yuca, dolci, biscotti, merende.
E se stai bene, sei in salute, non puoi non aggiungere un “Gracias a Dios”.
Il popolo ecuadoriano è molto protettivo, ben radicato alla propria cultura, ai propri valori e alla pachamama (nella lingua Quechua “madre terra”). È possibile cogliere questo aspetto un po’ in tutto l’Ecuador, ma in particolare nella parte Amazzonica, dove i popoli sono un tutt’uno con la natura incontaminata.
Va da se che la loro fiducia non è regalata, ma va guadagnata.
Ad esempio gli adolescenti con cui lavoro si sono mostrati sin dall’inizio molto diffidenti, quasi schivi. Ma loro sanno quand’è il giusto momento per aprirsi e farti entrare nella loro vita.
Diverso è con i bambini della scuola in cui lavoro che, invece, ti regalano amore incondizionato.
Ti chiedono “ma perché parli così?” cogliendo l’accento diverso, “e dov’è l’Italia?” sgranando gli occhi vedendo su maps l’oceano che ci separa.
Ma la cosa più bella sono i loro “Te quiero mucho tia Camilla”, perché lì le maestre vengono chiamate tía/tío, ovvero zia/zio.
E queste parole mi scaldano il cuore e mi emozionano ogni giorno.

Camilla, operatrice volontaria di SCU in Ecuador

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