Servizio Civile Universale

Il coraggio di sognare: il diario di Chiara in Brasile

Written by Francesca

“O mundo està nas maos daqueles que tem a coragem de sonhar e corre o risco de viver seus sonhos“. Paulo Coelho

Quel “coraggio di sognare” di cui parla Paulo Coelho, nel mio caso ha tardato ad arrivare, ma è giunto giusto in tempo per darmi l’opportunità di “vivere il mio sogno” nel cassetto: quello di svolgere il servizio civile universale in un paese in via di sviluppo, nel mio caso il Brasile.
Partita il 5 ottobre con una valigia colma di ansie, paure e di raccomandazioni intrise di pregiudizi circa l’immenso e verde territorio sudamericano, non appena atterrata all’aeroporto di Guarulhos, a San Paolo, ho deciso di riporre tali pensieri in uno scompartimento secondario della mia mente e di vivere questo nuovo capitolo della mia vita sì con prudenza, ma soprattutto con curiosità, ottimismo e apertura verso il nuovo e il “diverso”.
Il progetto delle suore salesiane a cui sono stata affidata si trova in una cittadina situata al nord di San Paolo, chiamata Guaratinguetà, immersa nella “natureza brasileira” e attraversata dal fiume Paraiba do Sul.
Appena arrivata nella sede “centrale” in cui si svolge il progetto educativo, chiamata Casa do Puríssimo Coração de Maria, la prima cosa che è risaltata ai miei occhi (e che mi ha impressionato non poco, dato che ciò lasciava intendere le pericolosità di un posto che necessita di “protezione”) è l’alto muro in cemento che circonda l’intera struttura, dal quale si è aperto all’improvviso un verde cancello che mi ha rivelato ciò che si nascondeva all’interno: sulla sinistra un grande edificio che in passato ricopriva la funzione di orfanotrofio, di fronte un grande campo da calcio su cui si stagliano con tutta la loro imponenza degli alberi della fattispecie tropicale e sulla destra un piccolo giardino ben tenuto, con panchine colorate e una piccola statua della Madonna. Dietro a quest’ultima, è presente un’altra struttura, più bassa e dalla forma rettangolare, in cui sono presenti le aule colorate in cui gli educatori tengono le cosiddette “officine” (lezioni), un ufficio e una grande palestra in cui si svolgono le lezioni di capoeira e ginnastica ritmica. Facendo una passeggiata perlustrativa abbiamo inoltre scoperto la presenza di una piscina e di un grande orto, con piante di Musa e altri alberi da frutto.
Le vie di Guaratinguetà sono costellate da tali piante dalle quali, volendo, sarebbe possibile procacciarsi tutta la frutta di cui si ha bisogno, senza la necessità di comprarla al supermercato. Con mia grande sorpresa, ho scoperto poi nel corso del tempo che nessuno approfitta di tale “dono” naturale e che, al contrario, molto cibo che si consuma in questa e in molte altre zone del Brasile è di bassa qualità. L’intero paese segue, infatti, il cosiddetto “stile consumistico americano” (ho scoperto con grande sorpresa che i brasiliani sono molto influenzati allo stile di vita americano e ne traggono ispirazione), mangiando cibo altamente zuccherino e grasso e bevendo grandi quantità di bibite gassate come il Guaranà e la Coca Cola. Questa prima “informazione” costituisce solo uno dei primi tasselli al quale nel corso dei primi due mesi in Brasile si sarebbero aggiunti man mano ulteriori pezzetti che stanno formando il mio puzzle personale, che vado costruendo e distruggendo in continuazione, tanto è complesso e contraddittorio questo immenso paese. Lo “shock culturale” di cui tutti parlavano, di fatto, nel mio caso non si è verificato, ma ambientandomi pian piano in questa terra “straniera”, ricca di etnie e culture differenti, e osservandone gli usi e i costumi come un’inesperta antropologa, mi lascio sorprendere giornalmente da tutto ciò che questo territorio e, con lui, le persone che lo abitano, stanno rivelando di sé. Infatti, è solo a distanza di tempo che mi sto rendendo conto di quanto la metabolizzazione di un altro luogo e di un’altra cultura avvengano lentamente e di come, nel mio caso, stia vivendo una somma di piccole e impercettibili “scosse” emotive e cognitive che stanno pian piano sedimentando nel mio inconscio una piccola rivoluzione interiore, che attualmente non ha una forma ben definita e che non so ancora a cosa porterà.

Io e gli altri tre compagni di progetto, Francesca, Luca e Matteo, a volte siamo chiamati “gringos”, ovvero “stranieri”, termine utilizzato in accezione non propriamente positiva. Qui, infatti, gli occidentali non sempre sono visti sotto una buona luce, perché considerati dei colonizzatori, artefici dell’importazione degli schiavi dall’Africa e di molti altri soprusi a danno del popolo indigeno e non solo.
È stato sorprendente notare come sono proprio i bambini, con la loro semplicità ed innocenza, gli ultimi ad utilizzare questo termine e a chiamarmi affettuosamente “sora Chiara” (forma abbreviata di “professora”).
I tre progetti ai quali partecipiamo qui a Guaratinguetà ci hanno portato a conoscere le differenti realtà di questa città che, seppur apparentemente ‘ricca’ (è infatti la seconda maggiore economia della regione) e tranquilla (dato che presenta un basso indice di criminalità rispetto ad altre zone del Brasile), nasconde un importante smercio di droga, dovuto alla sua posizione strategica (si trova in un punto di biforcazione tra San Paolo e Rio de Janeiro). Ciò ha reso necessaria l’azione delle diverse opere sociali salesiane presenti sul posto, che hanno l’obiettivo di togliere dalla strada i bambini e i ragazzi in situazioni di vulnerabilità, strappandoli dalla criminalità e prospettandogli la possibilità di un futuro migliore. Le suore salesiane sono molto rispettate qui e le persone del posto hanno un forte sentimento cattolico, in quanto a pochi chilometri di distanza da Guaratinguetà è presente l’antico sito religioso di Aparecida, il più grande santuario cattolico di tutto il paese e il secondo più grande del mondo, dopo il Vaticano.
Guaratinguetà, oltre ad essere un luogo ricco a livello naturalistico, circondato da numerose cachoeiras (cascate) immerse nella mata e un’imponente serra che si staglia all’orizzonte, è pregna di cultura e la Samba e la Capoeira Regionale le fanno da padrone. Qui il carnevale è molto sentito e a partire da dicembre le differenti scuole di samba animano alcune vie della città preparandosi per il grande evento di febbraio. La cultura brasiliana è magica e si respira a pieni polmoni in ogni persona del posto, ognuna delle quali si dedica alla danza, alla musica, al gioco della capoeira e all’artigianato con grande spontaneità e passione. Questo, a mio parere, può essere considerato un “coraggio di sognare” e “di vivere i propri sogni” tipicamente brasiliano, che mi ha portato ad ammirare e ad amare sempre più questo splendido e complesso popolo.

Chiara, operatrice volontaria di Servizio Civile Universale in Brasile

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