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Occhi marroni e quesadillas: l’anno di servizio civile in Messico di Angela

Written by Francesca

Ho l’abitudine di annotare tutti i miei impegni nel calendario del telefono per non dimenticare nulla: sapere di avere il controllo su ciò che dovrò fare mi rassicura. Ma da quel giorno d’estate del 2024, nel mio calendario non ci sono più “puntini”, nessun impegno, nessun appuntamento. Solo il vuoto. Nella mia testa, però, c’erano immaginazione e fantasia, ma niente di programmato. Il 27 agosto 2024 è inciso nella mia memoria come una tappa fondamentale della mia vita: ho lasciato la mia famiglia, gli amici, e messo in pausa la mia quotidianità per realizzare uno dei miei sogni più audaci… partire per il Messico!

I giorni che hanno preceduto la partenza – e anche quelli successivi – sono stati attraversati da un turbinio di emozioni così intense e contrastanti che oggi mi sembra quasi impossibile descriverle. Per mesi mi sono chiesta come si prepari una valigia per un viaggio così lungo: dieci mesi lontano da casa. Quali oggetti fossero indispensabili, quali invece avrei potuto trovare anche dall’altra parte del mondo. La verità? Più la riempivo, più tutto mi sembrava superfluo. Tranne le medicine e lo spray antizanzare, i miei insostituibili compagni di viaggio!

Forse solo ora, col senno di poi, posso dire che le cose davvero essenziali da mettere in quella valigia non erano oggetti materiali, ma valori profondi: la gratitudine per ciò che abbiamo ogni giorno, il privilegio di poter scegliere cosa mangiare, crescere con i propri genitori, avere un’infanzia piena di giochi, un letto in cui rifugiarsi, vestiti puliti e l’acqua calda per lavarsi. In quella valigia, però, ci ho messo anche sogni luminosi, speranze silenziose, la fiducia che tutto sarebbe andato per il meglio, tanto impegno e una straordinaria flessibilità: strumenti preziosi che si sono rivelati fondamentali lungo il cammino.

In questi mesi ho conosciuto anche la malinconia, la nostalgia per la mia casa, per la routine che per anni avevo detestato, per lo stress quotidiano che, alla fine, mi dava sicurezza. Ripensando a come è iniziato tutto, a quanto desiderassi partire, ancora mi emoziono. Avevo bisogno di mettermi in gioco. E nei giorni storti, quelli in cui tutto sembra pesante, mi ricordo quanto questo desiderio fosse autentico. Ricordo anche come tutto sia cominciato in punta di piedi, quasi in segreto: la fuga a Roma per il colloquio, senza dire nulla alla mia famiglia; la mail di conferma ricevuta mentre stavo sostenendo uno degli ultimi esami all’università… e io, superstiziosa com’ero, ho deciso di non dire nulla a nessuno. Un po’ perché dovevo realizzarlo prima io, un po’ perché dirlo ad alta voce avrebbe reso tutto reale. Alla fine, ho sorpreso tutti raccontandolo solo un mese prima della partenza. Una follia, forse. Ma ci tenevo davvero che quel sogno si realizzasse, con tutta la sua forza.

Durante la formazione pre-partenza abbiamo scritto una lista dei motivi per cui volevamo partire,ricordo che al secondo posto avevo messo: “rompere con la routine”: ero stanca di studiare, lavorare, vivere in un ciclo sempre uguale. Oggi, però, quella lista la riscriverei da cima a fondo. Quella stessa routine che un tempo mi soffocava, ora mi manca. Perché la verità è che tutto può cambiare in un attimo… e spesso, ciò che è più prezioso ci sfugge quando lo abbiamo sotto gli occhi.

L’altra sera, mentre ero di turno “Televisione” con i bambini, mi sono persa nei miei pensieri, osservando i loro occhioni marroni incantati davanti ai cartoni animati e ho pensato a quante cose diamo per scontate, molti di loro, a casa, non hanno nemmeno un letto – figuriamoci una televisione. Ho pensato che, per essere bambini, i loro occhi hanno già visto troppo. Forse oggi non riescono a comprendere il valore del lavoro quotidiano delle suore o del nostro. Ma un giorno, crescendo, ne capiranno il senso. E forse, ne saranno grati.

Quando racconto alle persone cosa sto facendo, molte persone reagiscono con un “Che brava!” ma sinceramente non mi sento così brava, non mi sento un’eroina. Ogni giorno cerco soltanto di donare una parte di me, e di imparare da questa comunità incredibile. È uno scambio autentico, profondo, reciproco al cento per cento. Anzi, a volte penso che partire sia stato anche un gesto egoista. Lo si fa per sé, per mettersi alla prova, per cambiare, per scoprire. Per affrontare la sfida di stare lontani da tutto ciò che ci definisce: la famiglia, gli affetti, le abitudini. Lo si fa per trovare un nuovo equilibrio, per crescere in silenzio, senza clamore, senza gloria.

Prima di partire se pensavo al Messico pensavo ai colori, la mia mente ha sempre associato una tavolozza colori a questo Stato ed è stato davvero quello che ho trovato: un’esplosione di vita in ogni angolo, dalle stoffe sgargianti dei mercati alle case dipinte con tonalità che sembrano rubate all’arcobaleno. È una terra profondamente viva, piena di tradizioni che si tramandano da secoli, di riti che intrecciano fede e cultura, di comunità che portano avanti con fierezza la loro identità. Il Messico è anche natura pura: dal mare cristallino che riflette il cielo, alle montagne ricoperte di un verde profondo e rigoglioso, dove il tempo sembra rallentare. È una terra immensa e sorprendente, che cambia volto ogni volta che la si attraversa. E poi c’è il cibo… un capitolo a parte. Una cucina che ti conquista, ti sfida, ti sorprende, dove il piccante non è un’opzione, ma una certezza. Credetemi: qui mettono il piccante anche sulla frutta! Eppure, anche in questo, c’è poesia perché il Messico è così: non si accontenta di essere gustato con moderazione, va vissuto con tutti i sensi, fino in fondo.

E così, oggi, tra una quesadilla, un tocco di marimba e tantissimi frijoles, posso dire con il cuore colmo che sono fiera di me stessa, fiera di essere stata egoista nel modo più sano, di avermi ascoltata, di non essermi arresa, fiera di aver creduto fino all’ultimo nella mia laurea per poter partire e fiera di aver dimenticato tante delle cose che avevo annotato per quella famosa valigia… E, soprattutto, di aver accolto tutto il bello, l’imprevisto, l’intenso e il meraviglioso che un’esperienza così sa regalare!

Angela, operatrice volontaria di SCU in Messico

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