Servizio Civile Universale

Mi chiamo Vincenzo e questo è il mio Madagascar

Written by Francesca

Quella che segue è una breve testimonianza della mia vita in Madagascar, ma raccontare in breve ciò che un’esperienza del genere può regalare è impossibile. Non basterebbero libri, non basterebbero immagini, serve viverla!
Come ogni mattina la sveglia è impostata per le 6:50, anche se in realtà a svegliarmi sono le urla delle bimbe, sveglie ancor prima dell’alba. Mi alzo, apro la finestra e mi lamento del cielo nuvoloso (ma siamo nella stagione delle piogge, cosa mi aspetto?), bagno e poi in cucina a preparare il caffè. Nel frattempo Tommaso è resuscitato dalla sua stanza, ci scambiamo un cenno con la testa (il nostro saluto mattutino) e restiamo in silenzio a fare colazione. Il silenzio è rotto soltanto dal canto degli uccelli e dalla musica rap che suona nelle cuffie di Tommi. La caffettiera parla e il profumo ci risveglia, il caffè è pronto.
Dopo la colazione, ci si prepara e si va a scuola ad insegnare inglese. Quindi, dopo l’alzabandiera e l’inno nazionale malgascio, la campanella suona e la prima lezione inizia alle 7:40 circa. Circa, perché qui in Madagascar gli orari sono molto approssimativi, la puntualità viene sostituita dalla sottile arte dell’aspettare, aspettare e aspettare ancora. Il concetto di tempo al quale ero abituato sta pian piano prendendo una forma diversa, che non è più fatta di orologi e scadenze ma che si dilata e si restringe seguendo il levare e il calare del sole. Tutto scorre piano e la gente non ha fretta. Mi guardo intorno e vedo le persone muoversi lentamente, viene da pensare che c’è tutto il giorno a disposizione, e quindi perché correre? Mi è capitato spesso di guardare l’orologio e restare stupito nello scoprire che fosse ancora presto, di avere ancora del tempo per fare qualcosa ma di aver già fatto tanto.
A scuola, con gli studenti, cerco ogni giorno di instaurare un rapporto basato principalmente sul rispetto reciproco. La maggior parte delle classi sono molto numerose e gestirle non è sempre facile, ma ci sto lavorando, cercando di offrire delle lezioni interattive e stimolanti. È una sfida contro i propri limiti e le proprie insicurezze, ma riuscire a vincerli è una grande ricompensa. Grazie al dialogo con gli studenti imparo moltissimo anch’io riguardo usi e costumi di questa terra. Comprendere che ciò che noi occidentali consideriamo normale qui è un tabù, mi fa aprire gli occhi e mi permette non solo di evitare indiscrezioni e disagi, ma soprattutto di capire che a volte è necessario guardare le cose da un’altra prospettiva, abbandonando le proprie convinzioni e certezze. Dopo le lezioni torno a casa, o almeno ci provo. Nel cortile sotto casa infatti, giocano le bimbe del foyer e quando iniziano a chiamarmi o a venire ad abbracciarmi, non resisto, nonostante la stanchezza mi fermo sempre a giocare con loro. Non sono soltanto un uragano di energia e vivacità, sono soprattutto storie di vite difficili. Ti scontri con le loro realtà quando i sorrisi cadono come maschere, sfociando in attacchi di rabbia, pianti e manifestazioni di disagio. La maggior parte di loro non ha una famiglia, nessuno da chiamare mamma o papà, soltanto qualche parente lontano, spesso interessato più alla loro potenziale forza lavoro che alla loro felicità. Te ne accorgi quando pur non conoscendoti ti abbracciano cercando il contatto fisico, ti tengono per mano e litigano tra di loro per aggiudicarsi un posto in braccio. Vederle qui in comunità però mi fa ben sperare per il loro presente e soprattutto per il loro futuro.

Il Madagascar è un Paese tanto affascinante quanto contraddittorio. La natura è un susseguirsi di terra rossa e mare azzurro, di prati verdissimi e una fauna endemica ricchissima. Purtroppo si respirano ancora i lasciti del dominio francese e così la fame, la povertà e la diseguaglianza sociale si alternano al lusso e allo sfarzo.
Ciononostante, il popolo malgascio è tra i più solari che abbia mai conosciuto, sorrisi e cordialità sono all’ordine del giorno.
Senza neanche accorgermene sono qui da due mesi e paradossalmente, nel lento scorrere del tempo malgascio, questi mesi mi sembrano essere volati. Qui sto bene, la vita di comunità mi piace molto nella sua semplicità. Ed è proprio la semplicità di alcune cose e l’inspiegabile complessità di altre che ogni giorno continua a stupirmi.
Mi chiamo Vincenzo e questo è il mio Madagascar.

Vincenzo, operatore volontario di Servizio Civile Universale in Madagascar

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