News dal Sostegno a Distanza

Una finestra sullo Zambia

Written by Francesca

Desideriamo condividere con voi la commovente lettera che ci è arrivata dallo Zambia:

“All’uscita di messa in una gioiosa domenica di sole,  incontro un gruppetto di donne che salgono verso la chiesa. Le saluto. Ma non ritornano il saluto. Ed è solo a questo punto che vedo che una di loro regge una zappa. Tornano dal seppellire un neonato, racchiuso in una scatola di cartone, al cimitero qui sotto.
E’ stata un’esperienza molto forte. Avevamo appena concluso una gioiosa celebrazione di una Messa domenicale, piena di canti. L’animo era leggero, lontano dai pensieri del lavoro e di quello che verrà il giorno dopo. E gioiosamente ho passato il saluto a questo  gruppetto di 5/6 donne. La zappa, solo la zappa, è stato il particolare che mi ha permesso di capire che avevano appena sepolto un neonato, racchiuso in una scatola di cartone. L’ospedale si trova appena sopra la missione. Il cimitero sotto la missione. Chi va o viene dal cimitero deve, per forza di cose, passare per la missione. La morte di un bimbo è così di “routine” che non desta rumore, non chiama familiari, non muove persone. E’ solo un’informazione che passa di bocca in bocca, che dall’ospedale arriva alla famiglia. Sanno che è morto. Ma nessuno pensa che sia necessario organizzare qualcosa di serio per seppellire quel bimbo che forse non ha vissuto che poche ore. E’ sufficiente una cosa informale, fatta senza perdere tempo, con poche donne che sanno bene cosa devono fare. Nessuno andrà a deporre un fiore sulla tomba di un bimbo che non ha avuto storia e non ha fatto storia. Forse neppure il padre andrà mai a vedere dove il proprio bimbo è stato sepolto.
Questa zappa mi ha fatto reagire. E improvvisamente ho messo a fuoco che la fatica di comunicare non è dovuto solo alle tante cose da mettere assieme, o a una presunta pigrizia che mi fa prendere tempo prima di mettere mano anche a questo o quello. Quella zappa racchiude tutte le mille ragioni che rendono faticosa ogni comunicazione… A volte qui sembra di vivere in un altro mondo. E’ come se volessi raccontare la vita… in fondo agli oceani marini, o sulla luna, o su Marte… Insomma è come se volessi raccontare una vita che è tutta un’altra cosa…
Sì, da poco è stata completata la strada asfaltata che arriva a Luwingu e parte da Luwingu. In un certo modo siamo connessi…
Ma… che dire di quei ragazzi e ragazze che stanno frequentando il corso di agricoltura organizzato per loro e che in realtà sono alle prese con una scuola di alfabetizzazione. Hanno finito anche la classe nona (prima superiore da noi), ma hanno problemi a contare per due e per tre, a mettere in fila una addizione e scrivere dritto sulle righe. Confondono il 2 con il 3 e il 7 con l’1… Non hanno ancora l’idea che a scuola si scrive, si prende appunti e si fanno pure gli esercizi. Non hanno capito che l’apprendere non è un evento collettivo ma è tutta assolutamente una responsabilità e una fatica individuale, in cui gli altri possono anche aiutarci, ma di cui nessuno ci può esonerare dalla fatica… Quanti sono i bambini e giovani che letteralmente “vanno” a scuola, nel senso che fanno il percorso da casa alla scuola e viceversa: ma quanto poco qualificata è la scuola che frequentano!
Eppure è proprio con questi ragazzi e ragazze ed è con loro che sono tra gli ultimi che vogliamo provare a scrivere un pezzo diverso di storia proprio qui a Luwingu, in questo angolo di Zambia così lontano dalla capitale, in una zona così remota che desta interesse solo in occasione delle elezioni politiche.
In questo contesto dove troppi ragazzi non hanno i soldi per pagare le tasse scolastiche, per acquistare ciò di cui c’è bisogno; in questo contesto in cui il problema più grande è mangiare, proprio qui vogliamo provare a scrivere una storia diversa. Purtroppo la gente ha una sicurezza alimentare che dura un mese o due, forse tre, dopo il raccolto. Il resto dell’anno vivono di espedienti. E se non si trova da mangiare, si raccolgono frutti selvatici bel bosco, se è la stagione giusta, o si va a dormire bevendo un bicchiere d’acqua, in mancanza di altro.
Grazie per la vostra amicizia e il vostro sostegno. Assieme a voi stiamo scrivendo una storia diversa, ne sono certa.
Il Signore benedica sempre il bene che fate.
Con gratitudine,
Sr Elisa”

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